(Reuters Health) – L’endometriosis fertility index (EFI) è un parametro importante per la realizzazione di una gravidanza nelle donne con endometriosi da moderata a grave. È quanto evidenzia uno studio pubblicato da Human Reproduction e guidato da Sarah Maheux-Lacroix, del Royal Hospital for Women di Randwick, in Australia.
Secondo gli autori, il trattamento chirurgico dell’endometriosi potrebbe migliorare la fertilità, ma il miglior approccio alla gestione delle donne dopo l’intervento resta controverso. E mentre l’EFI è stato validato in diversi studi, non ne era mai stata studiata l’ efficacia nelle donne con una malattia grave. Così, i ricercatori australiani hanno analizzato, in modo retrospettivo, i dati raccolti su 279 donne che si erano sottoposte a intervento chirurgico per il trattamento di un’endometriosi di stadio III-IV e hanno cercato, in seguito, quante fra queste donne avevano avuto una gravidanza. Il 18% ha avuto una malattia residua dopo l’operazione, mentre il 12% aveva un fibroma, in particolare un leiomioma.
Le evidenze
Durante il follow-up, durato in media quattro anni, 147 donne sono riuscite ad avere un figlio, di cui 94 senza usare tecniche di fecondazione assistita. Nessuna delle donne con un indice EFI compreso tra zero e due sarebbe riuscita a concepire un figlio in modo naturale, mentre il 38% di coloro che avevano tentato con la fecondazione assistita era riuscito a dare alla luce un bimbo. Viceversa, tra le donne con un EFI compreso tra nove e dieci, il 91% sarebbe riuscito ad avere un figlio naturalmente e il 71% di coloro che hanno utilizzato una tecnica di fecondazione assistita avrebbero avuto successo. Altri fattori predittivi significativi sarebbero un intervento precedente, una precedente resezione incompleta, la presenza di leiomiomi e l’età superiore ai 40 anni. “Le donne con un alto punteggio EFI avrebbero una eccellente prognosi per quel che riguarda la fertilità rispetto alle donne con un basso indice, alle quali dovrebbe essere consigliato di tentare tecniche di riproduzione assistita per concepire”, spiegano gli autori.
Fonte: Human Reproduction
Reuters Staff
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Nutri&Previeni)